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19 aprile 2019 Alla scoperta della Saccisica

Alla scoperta della Saccisica

Un territorio sospeso nel tempo, una volta terra di contadini e di dimore di campagna dei nobili veneziani, oggi un’area affascinante da girare in bici lungo piste ciclabili e argini di fiumi che conducono, in venti – trenta chilometri, a Padova, alle terme euganee o a Chioggia (e da qui a Pellestrina)

Di cosa parliamo? Della Saccisica, pianura padovana che si estende alle spalle della laguna, il Piovese, di cui fanno parte i comuni di Piove di Sacco, Arzegrande, Bovolenta, Brugine, Codevigo, Correzzola, Legnaro, Polverara, Pontelongo e S. Angelo. L’area occupa la parte Sud-Orientale della provincia di Padova; è attraversata dal Fiumicello, dalla fossa Schilla, dal Bacchiglione, dalla Paltana e dalla Barbegara, dal fiume Brenta e dal Taglio Nuovissimo al di là del quale si aprono le valli e le lagune. L’attività tradizionale della popolazione è stata per secoli l’agricoltura, ma negli ultimi decenni sono sorte numerose imprese artigianali, commerciali, piccolo-industriali che hanno modificato oltre all’economia, anche l’aspetto geografico del territorio. Ma la riscoperta di alcuni aspetti di storia e civiltà della Saccisica sono oggi al centro di nuovi percorsi culturali che permettono di conoscere questo mirabile territorio, che nasconde delle curiosità e peculiarità incantevoli.

Il suo capoluogo è Piove di Sacco, e per un itinerario alla scoperta della Saccisica si potrebbe partire da qui, dalla Torre Maggiore, di recente restaurata, dove è possibile salire fino in cima e godere del panorama della città, per poi spostarsi all’interno del Duomo, accanto alla torre, che alcuni studiosi ritengono risalga addirittura al Mille, e che da un anno, ha aperto anche il suo museo, il Museo Paradiso: un piccolo gioiellino che, attraverso splendide opere provenienti dalla vecchia pieve e da altre chiese del territorio, racconta al visitatore la storia di devozione della comunità di Piove. Tra le varie opere, una pala di Giambattista Tiepolo raffigurante San Francesco di Paola. Poco distante da Piove si trova Brugine, che ha come gioiello Villa Roberti, edificata fra il 1549 e il 1553 dall’architetto Andrea da Valle. Abitata dalla comproprietaria, Alessandra Vedovato, che organizza varie attività, da concerti a convegni, compreso un mercatino delle pulci, assai animato, la prima domenica del mese, la villa è affrescata da Zelotti e Paolo Veronese, nell’incantevole piano nobile, con otto scene mitologiche tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. L’intero complesso è quasi perfettamente conservato, se si escludono gli affreschi esterni, ossia la dimora con l’antica cucina, il brolo, il giardino, il bosco, le case dei giardinieri.

E, fra le bellezze del territorio, immancabile nel tour una visita a una testimonianza architettonica imponente ed ammirevole come la Corte benedettina di Correzzola, la più estesa del Veneto. Il maestoso complesso, fondato nel XV secolo, come centro operativo dell’imponente opera di trasformazione e bonifica del territorio rurale della Saccisica, fu avviato dai frati di Santa Giustina di Padova sin dal 1129. Eretta accanto alla riva del Bacchiglione, in posizione ideale per le comunicazioni con Padova e Chioggia, la grandiosa Corte di Correzzola era composta da una serie di edifici nei quali vivevano i monaci benedettini e tutte quelle persone (artigiani, contadini, fabbri) che assicuravano, con la loro opera, la buona amministrazione di questa grande tenuta. Vi erano anche forni per il pane, cantine per la distillazione dell’acquavite, laboratori per la tessitura, stalle, pozzi, orti, giardini e una grande scuderia che poteva contenere fino a 100 cavalli. La Corte non fu l’unica testimonianza architettonica che i benedettini lasciarono in questi territori. I Monaci fecero costruire anche una novantina di case coloniche in muratura coperte di coppi, ed eccezionalmente confortevoli per l’epoca, quando la soluzione abitativa più diffusa per i contadini erano i Casoni di paglia.

E, a proposito, di casoni ne esistono ancora oggi alcuni esemplari. Il casone ha caratterizzato la campagna e la civiltà rurale veneta per oltre un millennio, dalle invasioni dei barbari fino a pochi decenni or sono, anche se la sua storia affonda le radici nelle abitazioni paleovenete. Non si tratta di una rudimentale capanna, ma di una vera e propria cultura abitativa molto evoluta atta a sfruttare nel migliore dei modi quello che la campagna offre. Il casone è il massimo esempio di bioedilizia, dalle dimensioni 'lillipuziane', la costruzione si regge su pietre crude (argilla seccata al sole), malte di terra e sterco impastati con paglia (de segale) e calce viva, con un tetto in grado di durare dagli ottanta ai cento anni, con le aperture che permettevano un ricambio d’aria nel sottotetto, dove si conservava il fieno per la mucca, magazzino indispensabile per la sopravvivenza. Per edificarlo veniva chiamato il casonaro. L'ultimo casone originale, giunto fino a noi si trova a Vallonga di Arzergrande, il Casone azzurro, poi a Piove di Sacco è possibile vedere quello di via Ramei, e il Casone rosso a Corte di Piove. Ci sono poi i casoni della Fogolana, costruiti recentemente a Codevigo, imitando l’antica architettura, che fungono anche da locanda e albergo. Luoghi magici di un mondo che non esiste più ma che è ancora possibile vedere in quest’area così particolare, da raggiungere in totale tranquillità, magari fermandosi a gustare a tavola radicchio, gallina e asparagi. 

 

 - Articolo scritto per Alì da Silvia Gorgi, giornalista di cinema, arte e nuove tendenze per le pagine di spettacolo e cultura dei quotidiani del gruppo editoriale L'Espresso -