Un territorio sospeso nel tempo, una volta terra di contadini e di dimore di campagna dei nobili veneziani, oggi un’area affascinante da girare in bici lungo piste ciclabili e argini di fiumi che conducono, in venti – trenta chilometri, a Padova, alle terme euganee o a Chioggia (e da qui a Pellestrina)
Di cosa parliamo? Della Saccisica, pianura
padovana che si estende alle spalle della laguna, il Piovese, di cui fanno
parte i comuni di Piove di Sacco, Arzegrande, Bovolenta, Brugine,
Codevigo, Correzzola, Legnaro, Polverara, Pontelongo e S. Angelo. L’area occupa
la parte Sud-Orientale della provincia di Padova; è attraversata dal
Fiumicello, dalla fossa Schilla, dal Bacchiglione, dalla Paltana e dalla
Barbegara, dal fiume Brenta e dal Taglio Nuovissimo al di là del quale si
aprono le valli e le lagune. L’attività tradizionale della popolazione è stata
per secoli l’agricoltura, ma negli ultimi decenni sono sorte numerose imprese
artigianali, commerciali, piccolo-industriali che hanno modificato oltre
all’economia, anche l’aspetto geografico del territorio. Ma la riscoperta di
alcuni aspetti di storia e civiltà della Saccisica sono oggi al centro di nuovi
percorsi culturali che permettono di conoscere questo mirabile territorio, che
nasconde delle curiosità e peculiarità incantevoli.
Il suo capoluogo è Piove di Sacco, e per un itinerario alla
scoperta della Saccisica si potrebbe partire da qui, dalla Torre Maggiore, di
recente restaurata, dove è possibile salire fino in cima e godere del panorama
della città, per poi spostarsi all’interno del Duomo, accanto alla torre, che
alcuni studiosi ritengono risalga addirittura al Mille, e che da un anno, ha aperto
anche il suo museo, il Museo Paradiso: un piccolo gioiellino che, attraverso splendide opere
provenienti dalla vecchia pieve e da altre chiese del territorio, racconta al
visitatore la storia di devozione della comunità di Piove. Tra le varie opere,
una pala di Giambattista Tiepolo raffigurante San Francesco di Paola. Poco
distante da Piove si trova Brugine, che ha come gioiello Villa Roberti, edificata fra il 1549 e il 1553 dall’architetto Andrea da
Valle. Abitata dalla comproprietaria, Alessandra Vedovato, che organizza varie attività,
da concerti a convegni, compreso un mercatino delle pulci, assai animato, la
prima domenica del mese, la villa è affrescata da Zelotti e Paolo Veronese,
nell’incantevole piano nobile, con otto scene mitologiche tratte dalle
Metamorfosi di Ovidio. L’intero complesso è quasi perfettamente conservato, se
si escludono gli affreschi esterni, ossia la dimora con l’antica cucina, il
brolo, il giardino, il bosco, le case dei giardinieri.
E, fra le bellezze del territorio, immancabile
nel tour una visita a una testimonianza architettonica imponente ed ammirevole
come la Corte benedettina di Correzzola, la più estesa del Veneto. Il maestoso
complesso, fondato nel XV secolo, come centro operativo dell’imponente opera di
trasformazione e bonifica del territorio rurale della Saccisica, fu avviato dai
frati di Santa Giustina di Padova sin dal 1129. Eretta accanto alla riva
del Bacchiglione, in posizione ideale per le comunicazioni con Padova e
Chioggia, la grandiosa Corte di Correzzola era composta da una serie di edifici
nei quali vivevano i monaci benedettini e tutte quelle persone (artigiani,
contadini, fabbri) che assicuravano, con la loro opera, la buona
amministrazione di questa grande tenuta. Vi erano anche forni per il pane,
cantine per la distillazione dell’acquavite, laboratori per la tessitura,
stalle, pozzi, orti, giardini e una grande scuderia che poteva contenere
fino a 100 cavalli. La Corte non fu l’unica testimonianza architettonica che i
benedettini lasciarono in questi territori. I Monaci fecero costruire
anche una novantina di case coloniche in muratura coperte di coppi, ed
eccezionalmente confortevoli per l’epoca, quando la soluzione abitativa più
diffusa per i contadini erano i Casoni di paglia.
E, a proposito, di casoni ne esistono ancora oggi alcuni esemplari. Il
casone ha caratterizzato la campagna e la civiltà rurale veneta per oltre un
millennio, dalle invasioni dei barbari fino a pochi decenni or sono, anche se
la sua storia affonda le radici nelle abitazioni paleovenete. Non si tratta di
una rudimentale capanna, ma di una vera e propria cultura abitativa molto evoluta atta a sfruttare nel migliore dei
modi quello che la campagna offre. Il casone è il massimo esempio di
bioedilizia, dalle dimensioni 'lillipuziane', la costruzione si regge su pietre
crude (argilla seccata al sole), malte di terra e sterco impastati con
paglia (de segale) e calce viva, con un tetto in grado di durare dagli ottanta
ai cento anni, con le aperture che permettevano un ricambio d’aria nel
sottotetto, dove si conservava il fieno per la mucca,
magazzino indispensabile per la sopravvivenza. Per edificarlo veniva chiamato
il casonaro. L'ultimo casone originale,
giunto fino a noi si trova a Vallonga di Arzergrande, il Casone azzurro, poi a
Piove di Sacco è possibile vedere quello di via Ramei, e il Casone rosso a
Corte di Piove. Ci sono poi i casoni della Fogolana, costruiti recentemente a
Codevigo, imitando l’antica architettura, che fungono anche da locanda e
albergo. Luoghi magici di un mondo che non esiste più ma che è ancora possibile
vedere in quest’area così particolare, da raggiungere in totale tranquillità,
magari fermandosi a gustare a tavola radicchio, gallina e asparagi.