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23 novembre 2018 Antonio Ligabue in mostra a Padova

Antonio Ligabue in mostra a Padova

È stato definito il Van Gogh italiano, l’arista italo-svizzero in mostra fino al 17 febbraio ai Musei Civici degli Eremitani

Tigri pronte all’attacco, lotte furiose tra rapaci e serpenti, tormentati panorami rupestri e un uomo, ritratto sempre di tre quarti, con lo sguardo triste e inteso. Sono questi i soggetti preferiti di Antonio Ligabue, grande maestro dell’arte del ’900 dalla vita travagliata e dal genio incontenibile, celebrato a Padova, nelle sale dei Musei Civici degli Eremitani, fino al prossimo febbraio con una grande mostra che saprà affascinarvi e commuovervi.

Chi era Ligabue?

S’intitola Antonio Ligabue. L'uomo, il pittore l’esposizione che ospita più di 70 dipinti, dieci opere su carta e sette sculture del maestro di Gualtieri. O meglio, del maestro italo-svizzero, nato a Zurigo nel 1899 e trasferitosi nel borgo in provincia di Reggio Emilia attorno al 1920. A Gualtieri Ligabue rimase fino alla morte avvenuta nel 1965, legando così indissolubilmente il suo nome a quello del paese. In mostra sono visibili al pubblico per la prima volta una quarantina di documenti originali dedicati alla vicenda biografica dell’artista, dai quali emerge il racconto di una vita degna di un romanzo. Schivo e solitario fin da bambino, Ligabue si distingueva, infatti, per il suo grande talento artistico, ma anche per una personalità sopra le righe che lo portò a essere denunciato più volte dalla sua stessa famiglia e addirittura rinchiuso in manicomio, triste costante della sua esistenza. Questa condotta irregolare causò infine la sua espulsione dalla Svizzera, in seguito alla quale si trasferì, appena ventenne, in Italia, nel paese d’origine dell’odiato padre. Nevrotico, autolesionista, vagabondo, dopo anni di stenti e fatiche poté infine dedicarsi appieno alla sua arte grazie all’aiuto di un mecenate che ne intuì il genio artistico; questo però non gli impedì di vivere sempre in povertà e reclusione fino alla fine dei suoi giorni.

Il percorso espositivo

Una vita intesa e travagliata quella di Antonio Ligabue, che ritroviamo puntualmente nelle sue opere: nei soggetti ripetuti ossessivamente, nella violenza espressa dal tratto e dai colori sgargianti, nella spontaneità delle linee e nella composizione sfrenata delle scene. Insomma, nella forza espressiva unica e ipnotica della sua arte. Dei 70 dipinti in mostra tre provengono da collezioni private padovane e non sono mai stati esposti al pubblico. Insieme a essi, dieci opere su carta e sette sculture, fusioni in bronzo dalle originali che Ligabue realizzò in creta adoperando l'argilla delle sponde del Po. L’esposizione si apre con i tanti autoritratti prodotti, volti sempre uguali che esprimono chiaramente il desiderio di Ligabue di raccontarsi attraverso la pittura, mettendo a nudo la complessa personalità dell’artista che si autodefiniva “pittore di animali”. Non a caso, vista la quantità di dipinti che ritraggono bestie selvagge e aggressive presenti nella sua opera, nonché al centro della seconda parte della mostra. Ligabue riusciva a trovare un po’ di serenità solo immerso nella campagna; l’ultima sala dell’esposizione è infatti dedicata ai panorami agresti e alla celebrazione di un microcosmo all’interno del quale Ligabue si sentiva a suo agio come in nessun altro luogo al mondo.